Una macchia di smisurate dimensioni, grande più di cinque volte l’Italia, galleggia a metà strada tra il Giappone e le coste occidentali degli Stati Uniti. E gli scienziati sono pessimisti: pulirla è impossibile
Non è vero che i numeri siano sempre freddi e noiosi, in modo particolare se stanno a indicare e definire le dimensioni del Great Pacific Garbage Patch, la più grande macchia di rifiuti galleggianti del nostro pianeta. Composta in gran parte di di attrezzi da pesca, oggetti di plastica delle più svariate dimensioni, quali paperelle, palline colorate, sandali, scarpe da ginnastica ed altro ancora, questa macchia è stata scoperta trent’anni fa dai ricercatori della NOAA (National Oceanic Atmospheric Administration) ed è situata nel cosiddetto vortice del Nord del Pacifico, dove confluiscono numerose correnti superficiali.
Ebbene, uno studio recente, ha fatto piazza pulita dei più ottimistici e precedenti calcoli, stabilendo che questo mostro marino ha una superficie di circa 1,6 milioni di km. quadrati. Per avere un’idea di quanto sia spaventoso questo numero, ricordiamo che l’Italia ha una superficie di 301.338 km. quadrati; il Great Pacific Garbage Patch è grande pertanto 5,3 volte la nostra penisola, Sicilia e Sardegna comprese. Non c’è bisogno di ulteriori parole per commentare le catastrofiche dimensioni di questa “cosa”, costruita involontariamente ma colpevolmente dagli uomini e sviluppatasi nel corso di decenni, in quel particolare luogo dell’Oceano Pacifico, situato a metà strada circa tra il Giappone e le coste occidentali degli Stati Uniti
A battezzare quella macchia di immondizia Garbage Patch fu l’oceanografo californiano Curtis Ebbesmeyer dopo che, nel 1997, un altro oceanografo statunitense si trovò a navigare nel bel mezzo di una smisurata quantità di rifiuti.
Letteralmente non si può parlare di “isola galleggiante”, perché ovviamente non è percorribile a piedi; è più corretto chiamarla “macchia o mucchio di spazzatura” (garbage patch) anche se, considerate le dimensioni, somiglierebbe più ad un continente che ad un’isola.
L’esistenza del Garbage Patch è già una pessima notizia, ma quella ancor peggiore è che ne sono state localizzate altre quattro, tutte di dimensioni extra large, nel Pacifico Meridionale, nell’Atlantico Settentrionale, nell’Atlantico Meridionale e nell’Oceano Indiano.
È possibile rimediare al mal fatto e ripulire il mare da questi mostri galleggianti? Purtroppo non è possibile. La risposta arriva dal mondo scientifico, che ha bocciato brillanti idee e progetti ingegnosi, tesi a rimuovere il 50% della plastica nell’arco di cinque anni. La migliore soluzione ha la paternità di Boyat Slat, un giovane studioso olandese che ha costruito un sistema di filtraggio associato ad una serie di braccia galleggianti che sfruttano le correnti oceaniche. È sicuro che il dispositivo riuscirà a raccogliere e smaltire una quantità notevole di oggetti, ma non i rifiuti di dimensioni inferiori a un millimetro e quelli che giacciono sui fondali, che costituiscono una notevole percentuale di tutto il Garbage Patch. Il consiglio degli scienziati? Evitare nel modo più assoluto di continuare ad inquinare.
Pino Dangola